Sotto il segno della nebulosa

Liriche di Nidia Robba
ed. La Mongolfiera Libri, prefazione di Giancarlo Bonomo, pagg.110, 2004

Copertina del volume di poesie Sotto il segno della nebulosa Sono molte le strade che conducono alla comprensione del mistero della sofferenza ed al suo valore in relazione alla nostra vita. Accadono allora dei fatti che inducono riflessione quali fossero segnali di un qualcosa o di un qualcuno - intesi come entità metafisiche - che non riusciamo a vedere con gli occhi ma che tuttavia possiamo forse cercare di intuire con lo sguardo della mente superiore. La tragedia di ognuno può avere un senso solo se decifrata, chiarita da dentro. Un eroe manzoniano - negativo per la storia, positivo per la sentimentalità letteraria - Adelchi principe longobardo invasore d'Italia, figlio del re Desiderio - in punto di morte sussurra che "Gran segreto è la vita, e nol comprende che l'ora estrema", ovvero la comprensione della vita la si afferra negli ultimi istanti, nella disperata riflessione dell'agonia. Certo, siamo piccola cosa dinanzi a all'universo, ma qualcuno tuttavia può fare la differenza perchè si distingue nella sostanza del suo pensiero.

Da queste premesse credo che Nidia Robba - attraverso la sua personale vicenda umana legata all'enigma della sofferenza - si sia trovata a dover guardare negli occhi la verità della vita e ciò che ad essa si contrappone molto prima di quell'ultima ora, quasi le fosse stato assegnato un compito da svolgere. Nel cosmorama variegato della Robba, memore dei trascorsi fiorentini, sono pregevoli e toccanti i riferimenti alla grande tradizione pittorica. Il Botticelli è celebrato in un acrostico virtuoso, e nella lirica ad egli dedicata si delineano i volti della sue bellezze, delle sue verità neoplatoniche, così come Giotto, Cimabue e i primitivi del primo Trecento.

E molti davvero sono i contenuti, le idee di questa poetessa autentica. In tutta la raccolta traspare un pensiero prevalente in cui tante domande richiedono un unica risposta... In tale contesto, mi piace pensare che il lavoro svolto in questa intima antologia possa essere un riferimento, un motivo di riflessione in tempi bui, dove si naviga a vista... (Estratto da prefazione di Giancarlo Bonomo - Presidente Movimento Arte Intuitiva)



Nella tua pietra...
la tinta dell'Aurora


Nell'Odenwald, ossia il bosco di Odino,
fra Heiligenberg, ovver Montesanto
(ch'offre sorprese impesatamente)
e il ripido Königstuhl, sedia del re,
scorre il fiume Nekar sinuosamente
che, come nastro argenteo, va dal Reno.
Sembra un collier, dal qual pende preziosa
la gemma: Heidelberg, la città rosa.

Rosa le sponde, il tassellamento;
rosa le piazze, le rifiniture;
rosa ogni antico basamento;
rosee decorazioni ed orlature.
Rosa il palazzo dell'Università
che dato vita a una gogliardia
allegra, briosa, anche ricordata
nell'operetta "Aidelberga mia".

Rosa il vecchio Schloss rinascimentale:
di questa città emblema e trofeo.
Alto s'erge il castel sulla valle:
leggiadro, aggraziato, monumentale.
Leggenda narra, che il nano Perkeo
qui di birra, si bevve la gran botte.
Oggi nessuno gareggiar può con lui.
Ma quanta birra si beve ogni notte!
Rosa il vecchio Markt, rosa il museo
anche il "zum Ritter", del Rinascimento,
antico albergo molto prestigioso.
Rosa ogni importante casamento.
Rosee anche vecchissime taverne.

Rosato l'Alte Brücke che scavalca
il fiume, congiungendo le due sponde:
importante e sicuro fra le onde.
Imponente, gentile, presuntuoso:
un gran custode, pronto alla difesa,
con puntute torrette d'avanguardia.
Oltre il ponte, s'inerpica il sentiero
nella selva dai filosofi amata,
ma anche dai fanatici cercata,
per eclatanti notturni raduni
al Thingstätte, nel gran bosco pagano.
Eppur, più in alto ancora le rovine
(roseo ricordo del culto cristiano)
d'una rosata chiesa carolingia
che sopravvive ancora a ricordare
l'amore che Gesù seppe portare.



Porta Sirena

Con Papà camminavo nella piana
sotto il sole agostano che bruciava
In noi, maggior ardor era nel cuore.
La sorpresa del viaggio che premiava
i miei ottimi voti di fin d'anno,
dinanzi si nostri occhi, era realtà.
In quella campagna salernitana,
come un miraggio sorgevan da terra
le mura megalitiche di Paestum:
la greca Poseidonia, che Poseidon,
il dio del mare, voleva onorare.

Magna Grecia! Più grande della Patria
che trovò, nella nostra bella Esperia,
la su grandezza e il suo prestigio,
lasciando intatte le superbe vestigia:
dalla Campania al mare di Ortigia,
dove la ninfa Aretusa e Sirene,
nell'acque pure vivevano insieme.
Lo stesso mare che bagna la madre.
La stessa macchia ubertosa, odorosa:
pini e roveri, allori e mirti,
per incoronare gli antichi Spirti.

Al centro delle mura, l'apertura:
perfetta entrata, leggermente arcuata.
Sulla chiave di volta: la Sirena.
Quasi in estasi entrai... e lastricata
una via, d'oleandri fiancheggiata,
bianchi e rosati, dal profumo intenso,
portava alla "Polis", l'antica città.
Ma, nell'attraversare quella porta,
credetti d'entrare nell'eternità.
Tanti, confusi resti affioranti,
dello stesso colore della terra:
del colore che sol può avere il tempo,
ci accompagnarono, fino a davanti,
al fastoso, divino incensamento
ch'è il templio del dio e di Basilica.

A te, signor del mare, quali genti
alzaron mai, un simil monumento?
Se non quelle che in Sunion* t'onoraron?
Di possenti colonne, intatte file,
dalla solida base al capitello,
nel dorico perfette scanalate,
il più antico, bel e adatto stile,
senza decorazioni elaborate,
essenziale per indicare il cielo!
Fra quei sacri fusti, io mi confusi.
Con amor, abbracciai quelle creature,
baciando forte le scanalature.
Mi sembrò quasi, quelle genti d'abbracciare.
Da lor, più non mi separava il tempo!
Forse oltre la porta... Papà m'aspetta.

* Promontorio nell'Attica dove sorgeva un famoso tempio di Poseidone, del quale rimane solo qualche possente colonna.



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