I maestri del Rinascimento | Capolavori italiani

13 luglio - 23 settembre 2013
12 ottobre - 05 gennaio 2014
Centro cultural Banco do Brasil - San Paolo (Brasile)
www.civita.it

L'arte italiana nel momento del suo massimo splendore, attraverso 57 capolavori, provenienti dalle maggiori collezioni pubbliche e private, di 50 tra i più grandi maestri del Rinascimento. Quando Colombo scopre l'America, l'Italia non è una nazione unitaria, come la Francia, l'Inghilterra e la Spagna, ma è divisa in tanti stati, raccolti intorno ai centri maggiori - Milano, Venezia, Firenze e Roma - ma anche a numerose e più piccole corti, ricche e raffinate. Nella mostra si aprirà con una sezione dedicata a Firenze, che è senza dubbio la culla del Rinascimento, ma nelle sezioni successive documenterà la sua fioritura, che coinvolge un universo molto più ampio, con linguaggi artistici diversificati e soprattutto con una irripetibile concentrazione di grandi maestri, che le corti si contendono come vere e proprie star.

Emblematico è il percorso di Raffaello tra Urbino, Firenze e Roma, documentato in mostra con tre opere dipinte nelle diverse epoche, che permetteranno di seguire la sua parabola artistica, breve ma dirompente per lo svolgere di tutta l'arte italiana. Raffaello, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Tiziano sono in qualche modo entrati nel mito, icone assolute della storia dell'arte. Ma insieme a loro l'Italia è percorsa in lungo e in largo da una eccezionale quantità di artisti e di botteghe, che danno vita ad un'immensa produzione artistica, di cui la mostra è una piccola ma significativa campionatura. Insieme alle figure degli artisti e ai tratti salienti dei diversi centri rinascimentali, la mostra cercherà di far conoscere l'evoluzione che ha caratterizzato un secolo di storia a cavallo del 1500.

Con l'Umanesimo si era affermata nel Quattrocento una aspirazione all'equilibrio e all'armonia, alla razionalità e alla proporzione, da conquistare imitando il mondo antico, greco e romano. Ma dalla fine del Quattrocento le scoperte geografiche hanno spostato gli interessi economici, l'invenzione della stampa ha favorito il movimento di riforma della chiesa e quindi la sua reazione, le potenze occidentali si sono scontrate per il dominio anche dell'Italia e nel 1527, con il Sacco di Roma, si giunge perfino a profanare la Città eterna. Il sogno umanista si infrange e il Cinquecento diventa un tempo di conflitti, di profondi turbamenti e di nuovi slanci, nel quale anche gli artisti cercano nuovi confini.

Il percorso espositivo si articola in 6 sezioni, che rappresentano le principali aree territoriali ad esclusione di Napoli e del Sud, con una cultura artistica differente e peculiare. L'esposizione è curata da Cristina Acidini, insieme a Giovanna Damiani, Maria Rosaria Valazzi, Alessandro Del Priori, Stefano Petrocchi, Marcello Toffanello e Marco Bona Castellotti a cui si devono i saggi introduttivi delle 6 sezioni dedicate: Firenze, Roma, Urbino, Ferrara, Venezia e Milano e l'Italia del Nord. La mostra è organizzata da Civita e StArt con la collaborazione di Base 7, la società brasiliana con cui Civita ha consolidato un rapporto di cooperazione, che curerà tutte le attività in Brasile.

- Le sezioni della mostra

Firenze

Nella Madonna dell'Umiltà, dipinta da Gentile da Fabriano a Firenze nel primo Quattrocento, le forme gotiche si trasformano in una compostezza fisica e verosimile che mai si era vista fino a quel momento. E' l'alba del Rinascimento, che nasce a Firenze ad opera di alcuni dei più grandi artisti di tutti i tempi, come Brunelleschi, Ghiberti e Masaccio. Donatello prima di altri saprà rinnovare la scultura moderna guardando la classicità romana. Andrea del Verrocchio, sintetizza uno stile che darà una impronta fondamentale per tutto il Rinascimento toscano, mentre i suoi allievi Botticelli e Ghirlandaio con la loro eleganza e i rapporti con la pittura del nord Europa, saranno i pittori più importanti nella corte dei Medici.

Piero di Cosimo porterà quegli stessi ideali fino al nuovo secolo, legandosi anche alla più monumentale pittura del Cinquecento. I loro dipinti e le loro sculture rappresentano la straordinaria forza propositiva di artisti e committenti nella Firenze del Quattrocento che ha cambiato la percezione della realtà da allora fino ai giorni nostri. La mimesi, cioè l'imitazione della realtà, diventa il canone estetico principale nella Firenze del Quattrocento. Un modo di concepire l'immagine che è tutt'ora parte fondamentale della cultura occidentale. Un mondo che si prepara all'arrivo di Raffaello Sanzio, che nel 1506, quando dipinge il Cristo benedicente è già riconosciuto come uno dei maestri più grandi.

Ma in questo tempo cambia anche la concezione dell'artista, non più artigiano a servizio di un signore, ma estro creativo che discende direttamente dalla forza divina. A questo concetto tipico del neoplatonismo, si ispira l'ambiente culturale in cui nascono i geni di Michelangelo e Leonardo, pittori, ma anche architetti, scultori e poeti. Il grande disegno in cui Michelangelo progetta per Firenze la costruzione di una fortezza difensiva è una efficace testimonianza di questa straordinaria poliedricità.

A cavallo tra il XV e XVI secolo, Firenze è anche teatro della predicazione di Girolamo Savonarola, basata su tesi apocalittiche e volta alla distruzione del potere dei Medici. Il suo ritratto, dipinto da Fra Bartolomeo, evoca non solo questo momento drammatico della storia della città toscana, ma anche il punto di passaggio tra l'arte del Quattrocento e la cultura del pieno Rinascimento fiorentino, nel quale le dolci forme di Raffaello e la forza fisica e terribile di Michelangelo vengono recepite dagli artisti del Cinquecento che attraverseranno la crisi del Rinascimento e lambiranno il Manierismo.

Roma

Con i grandi cantieri papali che negli anni '60 e '70 del Quattrocento ricostruiscono la città dopo il ritorno dei pontefici da Avignone, Roma diventa uno dei centri più importanti per lo sviluppo del Rinascimento, destinato a sostituire, nel nuovo secolo, il primato di Firenze. Una straordinaria testimonianza di questo periodo è il Trittico del Giudizio Universale di Beato Angelico. Le chiese di Roma si popolano di grandi sculture e monumenti sepolcrali: il rilievo scolpito da Mino da Fiesole per la Basilica di Santa Maria Maggiore e i due tondi di Andrea Bregno ricordano questa intensa attività. La prima campagna decorativa della Cappella Sistina, voluta da papa Sisto IV a partire dal 1481, con i massimi artisti del tempo.

Tutti insieme, divisi in botteghe, si occupano di decorare le pareti e il soffitto della cappella, creando forse la più grande impresa artistica dopo il cantiere di Giotto nella Basilica Superiore di Assisi. In questa attività, per certi versi frenetica, si crea una sorta di "primato degli Umbri" come Perugino e Pintoricchio, che negli ultimi decenni del Quattrocento diventano gli artisti egemoni a Roma. Le loro opere, insieme a quelle di Piermatteo d'Amelia e Melozzo da Forlì, raccontano a distanza questa storia.

Come per Firenze, il cambio del secolo e la presenza in città di Raffaello e di Michelangelo portano cambiamenti culturali di grande portata, tanto che già nell'appartamento di Giulio II, affrescato da Raffaello e dalla sua bottega entro il 1525, si vedono tutti i caratteri di quella che sarà la grande pittura del manierismo romano, documentata da un'opera estrema di Raffaello, la cosiddetta Perla e da un'inedita Santa Caterina d'Alessandria di Raffaellino del Colle. Il dipinto si inserisce nella tradizione raffaellesca in qualche modo alternativa all'attività matura di Michelangelo e al sodalizio con Sebastiano del Piombo. Un suo ritratto è un esempio della pittura di quel periodo, mentre un'opera tarda di Michelangelo, il disegno di Porta Pia, è alla base di tutta l'architettura monumentale fino all'arrivo, in piena età Barocca, del Vignola e poi di Bernini.

Urbino

Nell'area dell'Italia centrale che si affaccia sul mare Adriatico, la corte dei Montefeltro a Urbino, ma anche altre piccole Signorie, sviluppano una cultura alternativa e complementare al Rinascimento dei grandi centri come Firenze o Venezia. Ad Urbino in particolare si afferma una cultura fortemente matematica, di cui sono epigoni Piero della Francesca e Leon Battista Alberti, simbolicamente rappresentata dall'immagine iconica della Città ideale. Quel senso geometrico, della prospettiva e della proporzione, è messo in evidenza da una tarsia prospettica che decora una delle porte dello stesso Palazzo Ducale, eccezionalmente esposta in mostra.

Una cultura capace di produrre grandi artisti e opere di qualità straordinaria, come il ritratto di Elisabetta Gonzaga dipinto da Raffaello, alto e raffinato esempio del Rinascimento nella sua città natale. Ad Urbino sono presenti artisti d'oltralpe la cui influenza è visibile nella Pietà di Giovanni Santi, padre dello stesso Raffaello, in dialogo con il dipinto del figlio. Capolavori artistici anche in contesti che oggi ci sembrano appartati, ma che erano l'anima vera e profonda della società rinascimentale.

Ferrara

La cultura rinascimentale assume una ulteriore e particolare espressione, alla corte degli Este, una signoria che si è sempre circondata di grandi intellettuali e artisti, come Cosmè Tura, Ercole de Roberti e Francesco del Cossa, che la storiografia moderna ha raccolto sotto il nome di "Officina ferrarese". Dalla metà del Quattrocento la civiltà artistica estense si accorda su un registro espressivo molto forte, quasi visionario. Una preziosa selezione di opere provenienti da due grandi collezioni, una pubblica e una privata, consente invece di conoscere da vicino alcuni dei maggiori protagonisti del Rinascimento pieno tra Ferrara e Modena, che guardano con interesse al mondo veneto.

Ludovico Mazzolino, Girolamo da Carpi e l'Ortolano, lavorando anche a Bologna, si legano alla cultura classica influenzata da Perugino, mentre il Garofalo abbraccia in modo personale anche le nuove proposte di Raffello. Dosso Dossi è legato alle invenzioni di Giorgione ed è senza dubbio in relazione con la cultura cromatica di Tiziano. Suo fratello minore, Battista Dossi, è stato per alcuni anni nella bottega romana di Raffaello. Il profondo naturalismo della pittura ferrarese e l'attenzione verso la resa degli spazi aperti sono alla base della formazione del moderno concetto di paesaggio e sono la vera alternativa alla monumentale cultura toscana.

Milano e l'Italia del Nord

Con l'arrivo, nel 1483, di Leonardo da Vinci a Milano, alla corte di Ludovico il Moro, nella città si sviluppa una cultura peculiare, raffinatissima, che fa del realismo delle forme e dell'avvolgimento atmosferico dei soggetti i tratti più importanti e riconoscibili. La Leda di Leonardo da Vinci, vero e proprio manifesto della cultura artistica del pittore, rappresenta questo momento insieme a un San Giovanni Battista di Marco d'Oggiono, forse il più "leonardesco" degli artisti lombardi, autore di una deliziosa copia della Madonna Litta dello stesso Leonardo.

Le novità di Leonardo, però, si inseriscono in una cultura segnata fino a quel momento dal vigore di Andrea Mantegna, padovano di nascita, ma che lavora per quasi tutto l'arco della sua vita alla corte dei Gonzaga a Mantova. Sua è la Sacra Conversazione che indica lo studio sulla realtà e sulla luce, la forza di una pittura quasi scultorea. Parallelamente Antonio di Bartolomeo Maineri, nato a Reggio ma attivo a Bologna, unisce l'arte del pittore padovano alla cultura espressiva di Marco Zoppo e dei ferraresi. Un passaggio di Perugino nell'Italia del Nord e nella stessa corte dei Gonzaga, porta un linguaggio più nitido e dolce rispetto alla forza scultorea di Mantegna.

Un momento che vede anche l'affermarsi di Correggio e Parmigianino, che ognuno secondo il loro modo a partire dalla città di Parma, uniscono la tradizione pittorica del Nord Italia alle istanze che da Roma e dal mondo di Raffaello si andavano diffondendo in tutta la penisola. Due artisti di Brescia, Giovanni Girolamo Savoldo e il Moretto, rappresentano i punti massimi raggiunti dal genere del ritratto in Italia del Nord, mentre la Adorazione dei pastori del veneziano Lorenzo Lotto, ma dipinta durante il suo soggiorno a Bergamo e come i due ritratti proveniente dalla Pinacoteca Tosio Martinengo, evoca i rapporti con la laguna e la rete di commerci che legavano Milano all'Adriatico.

Venezia

Grazie alla generosa collaborazione delle Gallerie dell'Accademia di Venezia, questa sezione della mostra propone uno spaccato pressoché completo della cultura rinascimentale della città lagunare. La cultura antiquaria, che ricercava nelle vestigia dell'antica Roma spunto per la creazione dell'Umanesimo più raffinato, è uno dei passaggi chiave dell'arte a Venezia, condiviso da tutti gli artisti attivi nel XV secolo. L'Arco Trionfale dipinto da Alvise Vivarini descrive in maniera esemplare questo mondo.

Insieme all'Annunciazione di Giovanni Bellini, racconta il rapporto con l'arte delle Fiandre da cui i veneziani fanno discendere la luce tagliente sulle forme e il modo grafico di panneggiare le vesti. Da questi altissimi punti di partenza nascono pittori di straordinaria qualità come Cima da Conegliano, vero e proprio continuatore dell'arte di Giovanni Bellini, ma anche Giorgione, con un'opera giovanile e bellissima come la Sacra Conversazione e Vittore Carpaccio, con un dipinto che racconta un evento miracoloso avvenuto nella stessa Venezia, a testimoniare una cultura fortemente identitaria della Serenissima.

Successivamente sarà Tiziano col suo modo inconfondibile di stendere il colore senza disegno, creando forme direttamente con la materia, a segnare in maniera indelebile tutta la pittura nel Veneto e in larga parte dell'Italia settentrionale. La Maddalena del 1550 e la Madonna Albertini degli anni '60 rappresentano in maniera evidente questa particolarità. Due capolavori di Tintoretto e Jacopo Bassano raccontano il dialogo tra gli artisti e l'Allegoria della battaglia di Lepanto, che Paolo Veronese dipinge nel 1573, si pone ormai oltre i confini della cultura artistica rinascimentale. (Comunicato Ufficio stampa Civita)



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